di Beatrice Monroy
interpretato e diretto da Giuseppe Provinzano
luci Gabriele Gugliara
soluzioni sceniche Valentina Greco
videomapping Pixel Shapes
drammaturgia sonora Sergio Beercock
produzione Babel
con il sostegno della Fondazione Giovanni Falcone
in collaborazione con Spazio Franco
Due palermitani diversi, con un background diverso e un differente vissuto, due diversi approcci al teatro e alla scrittura scenica: Beatrice Monroy (classe ‘53) e Giuseppe Provinzano (classe ‘82), un uomo e una donna, due diverse generazioni che si ritrovano a confrontarsi, a discutere, a scambiarsi racconti inediti, veri, verosimili e/o ispirati a fatti realmente accaduti, attorno a quelle che chiamiamo LE BOMBE. Quelle dalle quali non si è tornato indietro, lo spartiacque della nostra società contemporanea palermitana, quelle che si potevano evitare se, quelle che non si potevano evitare anche se …
A 30 anni dalle Stragi di Capaci e Via D’amelio, una nuova produzione di Babel in collaborazione con la Fondazione Giovanni Falcone, II capitolo del Decalogo della Civiltà, STORIE DI NOI racconta quei 52 giorni che da Palermo devastarono l’Italia e da cui nessun palermitano è più potuto tornare indietro. Una drammaturgia originale a partire dalle singole esperienze degli: quella di una donna che allora era una giovane madre che fece parte attiva della società civile che si ribellò, quella di un uomo che viveva in un quartiere di periferia fianco a fianco a chi vedeva tutta la vicenda con un’altra prospettiva, storie che si intrecciano con altre Storie Nostre, storie comuni, storie che hanno attraversato le carni, storie di palermitani qualunque … per trasmettere e restituire le emozioni non dette e quelle cancellate, le reazioni emotive per affrontare il passato e rinarrarlo. Riconoscere le nostre storie.
Le storie di Noi.
NOI CHI?
Noi, che siamo scesi per le strade.
Noi, che eravamo troppo piccoli per capire che stava succedendo.
Noi, che con le bombe i vetri delle nostre case s’infrangevano.
Noi, in quella parte di Palermo in cui, dopo le bombe, si festeggiava.
Noi, che stavamo in casa attoniti e senza appetito.
Noi, come se fosse pericoloso restar fuori.
Noi, a cui sono caduti i piatti di mano quando abbiamo visto il tg.
Noi, che siamo rimasti bloccati nel traffico di una Palermo nel panico.
Noi, alla Chiesa San Domenico sotto il diluvio
Noi in Cattedrale, con gli agenti delle scorte che ci spingevano
Noi che con i Mafiosi dividevamo pezzi di città senza saperlo
NOTE DI REGIA
Una struttura drammaturgica composta da racconti inediti, in uno spazio scenico il cui elemento predominante è il Lenzuolo Bianco: come quei tanti lenzuoli bianchi che coprirono le strade della città per coprire i tanti cadaveri, come quei tanti lenzuoli che sono diventati invece simbolo di un movimento anti-mafia. Un tappeto bianco che altro non è che la sagoma di Palermo che vedrà illuminati tutti quei luoghi in cui la Mafia (ci) ha colpito.
All’interno di quest’ambiente scenografico, una macchina telecomandata, che ora è una Fiat Croma (l’auto di Falcone) ora una Fiat 126 Rossa (l’autobomba che uccise Borsellino), lega i racconti che s’intrecceranno tra di loro, senza una consecutio logica diretta e/o didascalicamente narrativa ma con l’obiettivo di dare un punto di vista diverso: storie civili che affrontano i temi dell’AntiMafia né da un punto di vista storico, né cronachistico, né di denuncia ma da un punto di vista umano, con l’obiettivo di ricondurre ognuno ad una memoria legata ai quei giorni, non dando delle risposte ma facendo piuttosto sorgere delle domande, alimentando la Memoria Storica con la Memoria Personale:
“Dov’ero il 23 maggio e il 19 luglio 1992?”
“Cosa stavo facendo in quei giorni?
“Come ho reagito?
“Cosa ho fatto e cosa faccio io nella mia vita contro la Mafia?”
Un uomo solo sulla scena che interpreta i vari personaggi che animano la drammaturgia, incarnando in sé un segreto: chi è? Da che parte sta?
É una vittima o un carnefice? È uno di quegli uomini che ha voltato le spalle per quieto vivere o che ha avuto quel sussulto che ha rianimato una città per spogliarla di quell’aurea nera che l’ammantava da troppo tempo? È (un) pentito o è (un) complice? Qual è il segreto che si porta dentro?
Lo spettacolo è adatto anche ad un pubblico dai 14 anni ed è possibile realizzare delle repliche dedicate agli studenti delle scuole superiori: il progetto con la Fondazione Falcone prevede infatti la realizzazione di un’attivita’ laboratoriale dedicata a margine dello spettacolo, un laboratorio drammaturgico con i protagonisti e gli operatori della Fondazione, per rintracciare nuove storie e nuove consapevolezze e comporre una drammaturgia che di città in città si faccia corpo unico con la memoria collettiva delle nostre comunità, perché rivolgendosi alle Nuove Generazioni si possano declinare con loro le stesse domande e con queste avvicinarli alle loro famiglie:
“Dov’erano i miei genitori il 23 maggio e/o il 19 luglio 1992?”
“Cosa facevano in quei giorni?”“Come hanno reagito?”
“Cosa hanno fatto e facciamo nelle nostre vite contro la Mafia?”